mercoledì 20 giugno 2012

Arrestato il sindaco antimafia di Campobello "Era organico al clan di Messina Denaro"

Arrestato il sindaco antimafia di Campobello "Era organico al clan di Messina Denaro"

Ciro Caravà è accusato di associazione mafiosa. Secondo la Dda Palermo e i carabinieri del Ros avrebbe pagato decine di biglietti aerei ai familiari dei boss detenuti al Nord e distribuito appalti alle ditte dei clan. Dalle intercettazioni è emerso anche il sostegno elettorale di Cosa nostra al primo cittadino. In manette, altre dieci persone, fra esponenti mafiosi e insospettabili ritenuti fedelissimi della Primula rossa di Cosa nostra: c'è pure un ex funzionario della prefettura di Trapani


di SALVO PALAZZOLO

Arrestato il sindaco antimafia di Campobello "Era organico al clan di Messina Denaro"
Il Sindaco di campobello Ciro Caravà
 PALERMO - Nella sua stanza, in Municipio, teneva ben in vista le foto di Falcone e Borsellino: il sindaco pidiessino di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, diceva di aver fatto aderire il suo Comune all’associazione Libera e si era anche costituito parte civile nel processo ai favoreggiatori del superlatitante Matteo Messina Denaro. Eppure, i mafiosi più vicini a Messina Denaro continuavano a dire un gran bene di lui: “Io gli ho portato un mare di voti”, sussurrava uno dei messaggeri del padrino, Franco Luppino, che non sospettava di essere intercettato. “L’altra sera, il sindaco l’ho sentito parlare in Tv. Minchia, se non lo conoscessi…". Ciro Caravà è stato arrestato questa mattina dai carabinieri del Ros con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo il procuratore aggiunto Teresa Principato e i sostituti Pierangelo Padova e Marzia Sabella, il primo cittadino rieletto a giugno a fuor di popolo sarebbe stato addirittura “organico” alla famiglia mafiosa di Campobello, una delle più fedeli al verbo dell’imprendibile Matteo Messina Denaro, ormai latitante dal 1993. "Caravà non ha mai aderito a Libera - dice oggi l'ufficio di presidenza dell'associazione - purtroppo, le infiltrazioni più pericolose sono quelle che arrivano con i falsi proclami antimafia. Non permetteremo a nessuno di strumentalizzare il nostro lavoro".  

Le indagini Sono soprattutto le intercettazioni a mettere nei guai il primo cittadino. Gli investigatori del Ros hanno ascoltato ad esempio la moglie del boss Nunzio Spezia mentre dice al marito, detenuto in un carcere del Nord Italia: “Vedi, in due anni di sindaco quanto abbiamo risparmiato? Dopo le elezioni mi ha detto: vossia fino a quando va e viene dallo zio Nunzio, biglietti non ne paga più. Io gli telefono, gli ordino i biglietti e li passo a ritirare”. Dalle indagini dei carabinieri di Trapani è emerso che il sindaco Caravà avrebbe distribuito ai mafiosi anche lavori e appalti del Comune. Possibile che mai nessuno avesse avuto sentore della doppia vita di Ciro Caravà? Nel provvedimento di arresto, firmato dal gip di Palermo Maria Pino, si ricorda che il vulcanico primo cittadino era stato denunciato nel 2006 dalla polizia per estorsione e voto di scambio. Ma quella volta, l'inchiesta fu archiviata. Le polemiche tornarono però all'indomani di un blitz contro i favoreggiatori di Messina Denaro: uno degli arrestati, Franco Indelicato, era stato consulente del sindaco; un altro, tale Domenico Nardo, citava addirittura Caravà nelle intecettazioni. Lui, come sempre, respinse tutte le accuse: "Nardo? E' un impresario romano di spettacoli. L'ho conosciuto perché mi ha venduto un concerto di Bobby Solo". Nel 2008, il ministero dell'Interno mandò gli ispettori al Comune di Campobello, per verificare eventuali infiltrazioni mafiose. Quella volta, i boss e i loro insospettabili complici temettero il peggio. "Qua ci commissariano il Comune", diceva un dipendente della prefettura di Trapani, Giovanni Buracci, molto vicino al sindaco. Anche lui era intercettato dai carabinieri: si lamentava perché i mafiosi frequentavano ormai troppo spesso il municipio di Campobello. "I soldi, le tangenti ce li portano a casa. Ma che bisogno c'è di andare là... in Comune non ci doveva avvicinare nessuno. A me dispiace perché quel cretino pensava che dicendo antimafia si salvava, invece adesso gliel'hanno incappolata. Arrangiati". Per Giovanni Buracci, il "cretino" era il sindaco Caravà, che si sarebbe esposto troppo, assumendo persino la moglie di un mafioso nel suo staff. Ma alla fine, il Comune di Campobello non fu sciolto dal consiglio dei ministri. E questa notte, è finito in manette anche Buracci, oggi in pensione, per i suoi rapporti con il capomafia di Campobello, Leonardo Bonafede. La campagna elettorale Nonostante i sospetti, Ciro Caravà ha fatto il pieno di voti alle elezioni del giugno scorso. Doveva aver fatto molta presa il suo appello in campagna elettorale: "Abbiamo individuato un decreto firmato una quarantina di anni fa dall'allora presidente della Regione - annunciò - saranno salvate dalle demolizioni almeno un migliaio di case costruite dopo il 1976 a meno di 150 metri dalla battigia". L'eco di quell'appello pro-abusivismo arrivò fino a Roma: il segretario del Pd Pierluigi Bersani chiese chiarimenti al segretario regionale Lupo, che a sua volta telefonò a Caravà. Ma il sindaco di Campobello non si scompose più di tanto e offrì le sue motivazioni. D'altro canto, l'equilibrismo è stata sempre la sua migliore specialità: prima comunista, poi uomo di Forza Italia, e poi ancora del Pd. Gli altri arrestati Nel corso dell'operazione, sono finiti in manette anche il boss di Campobello, Leonardo Bonafede, ed altri componenti del clan: Cataldo La Rosa, Simone Mangiaracina, Calogero Randazzo, Gaspare Lipari e Vito Signorello. A Gallarate è stato arrestato un imprenditore originario di Campobello, Filippo Greco, è ritenuto il consigliere economico della cosca.

(15 dicembre 2011)

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